domenica 18 settembre 2011

La Rivoluzione. Parte 2 Condizioni storiche, vita di C.

Lo chiamerò C. non fosse altro per il trascurabile dato sociale, che la sua posizione in certi ambienti è assai ben nota, e mi dispiacerebbe anche solo che qualcuno lo rivestisse di attenzioni non gradite. Diversi per C. siamo tutti noi che disponiamo di individualità propria e non caramellata in quella melassa dolciastra dell'"opinione pubblica",  mentre roversi sono altri, le cui priorità non cadono certo nei campi dell'autonomia del pensiero, nella criticità, e nel vivere in coerenza ed onestà. Col grottesco clima politico di oggi le due definizioni sembrano in realtà sovrapponibili, ma mi auguro che noi tutti abbiamo ben chiare le differenze, così come le ha chiare C.
C. è stato lasciato solo, da tutti coloro che per brevi o lunghi tratti della vita hanno con lui deciso di dividere destino e sogni, per poi improvvisamente cambiare piano e salutarlo sulla strada di Damasco con una pacca sulla spalla. A credere a lui nessuna categoria di uomo o donna sociale o politica si è esentata dal mettere in atto prima o poi questo distacco fulmineo e incomprensibile, tanto che le sue conoscenze o passate frequentazioni hanno un ventaglio più vario della delegazione di Anacharsis Clootz, tra Belgio, Francia e Messico . A quel punto e a mio parer semplice e sentito, C. ha trascorso un lungo isolamento, e questo l'ha portato ad assumere atteggiamenti ostentanti un disavanzo di confidenza verso chiunque gli capitasse a tiro- o se preferite in termini più mondani e più efficaci- ad essere appicicoso ed alcune volte del tutto pesante, specie nei momenti in cui voi non avete tempo, e lui ha tutta la vita. Il gatto dunque corre mordendosi la coda: C. lasciato solo da tutti comincia ad fermare chi gli capita a tiro, che a sua volta lo evita per non venire sommerso da un crollo babelico di parole. C. è quindi sempre più solo.

Però ad ascoltarlo si impara molto. Si impara cioè che in anni in cui le parole avevano ancora il loro peso e il peso delle parole decideva del destino di chi le aveva proferite, molti che militavano in partiti della sinistra estrema-o più semplicemente, in partiti di sinistra-si riunivano per discutere, condividere idee e progettare rivoluzioni. C. era tra questi, aveva partecipato alle assemblee e conosceva di persona gli ideologi che infiammavano le folle e facevano impazzire i bollettini di cronaca, ormai quarantanni fa. Si parlava tanto a quei tempi, e poi si agiva per dimostrare a tutti che si faceva sul serio. C. non condivideva i metodi e le azioni dimostrative in sè e per sè, però partecipava e ragionava sugli operai, sugli oppressi, sugli oppressori e sugli inconsapevoli. Ebbene, tutti coloro che propugnavano, impugnavano e pugnavano oggi militano tranquilli in viscidi partituncoli democristiani e di centrosinistra, stigmatizzano i violenti e gli estremisti e siedono nelle poltrone di vicesindaco, assessore e parlamentare.
C. no. C. è rimasto sempre lo stesso, onesto e coerente con i suoi ideali, e dunque sempre più solo. Quella di C. non è solo coerenza, è anche costanza e determinazione, più che semplice solidarietà sincera verso gli sfruttati, la sua era veramente autentica condivisione.

Le condizioni storiche in cui viviamo non possono esser tali da consentire il nascere di una rivoluzione perchè manca la tenacia, l'ostinazione, la determinazione di C. Per fare una rivoluzione occorre esser sulle strade tutti i giorni, sacrificando come ha fatto C. ogni desiderio personale per una causa che riguarda " tutti noi",quindi in un certo senso " tutti loro". Occorre rimanere sotto gli insulti e l'indifferenza, le botte e lo scherno di tutti coloro che passano, i quali naturalmente dovrebbero essere i destinatari di quel mondo migliore per cui si va sacrificandosi. Sacrificio non è una parola vana, significa non andare a lavoro per mesi, (o più realisticamente non cercare lavoro) abbandonare affetti ed amicizie e dedicare tutto quanto il proprio tempo e la propria vita a manifestare, ad opporsi, a scender in piazza quotidianamente. Insisto sulla costanza e sulla presenza continua nelle piazze e nelle strade, nella mobilitazione permanente, poichè da questa nasce la diffusione dell'idea ad altri, da questa a mio parere scaturisce il ricambio, la trasmissione dei mandati rivoluzionari, da questa ancora deriva la comunicazione e dunque il raggiongimento dei cosiddetti grandi numeri.

Perchè le condizioni storiche sono oggi mutate? Perchè questo sacrificio oggi è altissimo, fin troppo alto, e nessuno può permettersi di compierlo. Ne è possibile richiedere una posizione del genere ai propri fratelli di umanità. Però essa è l'unica strada possibile, e tutti coloro con cui ho parlato, vecchi e giovani rivoluzionari alla fine si sono fermati qui, davanti all'impossibilità di compiere tale sacrificio, ormai troppo caro e sanguinoso.