martedì 11 settembre 2012

Silver tongue show.

"Lui stesso gli ha chiesto di interpretarlo. Allora quello se l'è interpretato e poi gli ha chiesto se se lo fosse interpretato bene."

La frase qui sopra-entro subito in medias res,i convenevoli li ho già fatti su facebook-non è una frase senza senso.Grammaticalmente è ineccepibile, l'unico difetto che ha è quello di essere simpaticamente fraintendibile non essendoci infine chiaro il suo significato. Questo per una serie di volute ambiguità legate di volta in volta al rincorrersi senza mai perfettamente sovrapporsi di soggetto-oggetto-soggetto. Il risultato finale è che non si capisce bene chi ha interpretato cosa o chi, e ci si perde in un dedalo di svolte logiche senza approdare mai ad un significato univoco. Eppure ciascuno di noi è in grado di dare un senso alla frase, magari immaginandosi una situazione in cui può essere stata proferita,creando dei personaggi e dei luoghi,fino a quando, in questa opera di immaginazione dal tratto demiurgico,non ci sembrerà ovvio chi ha interpretato cosa.
O chi.
Ma è solo grazie all'immaginazione che possiamo dare senso alla frase?Credo che la risposta non stia in quando fervida possa esser la nostra vena di provetti sceneggiatori, ma nel fatto che la nostra mente davanti ad una frase simile opera una serie di complessi procedimenti linguistici, assegnando ad ogni soggetto-oggetto espresso indeterminatamente (quello-lui-lo) un dominio di significato. La nostra mente traccia insomma dei paletti di senso che confinano ciascun elemento della frase- dotato di una propria area semantica-ad una stretta attribuzione di relazione. Una volta che la nostra mente ha fatto questo ecco che la sintassi della frase viene ad esser sovvertita e grosso modo questa stessa frase dovrebbe esser letta così:

"Lui stesso [gli]1 ha chiesto di interpretar[lo]2. Allora [quello se]1 [lo]2 è interpretato, e poi gli ha chiesto se [se]1 [lo]2 fosse interpretato bene.

I numeri in pedice utilizzati legano tra di loro soggetti ed oggetti in un modo accettabile dalla nostra mente. Esso però non è l'unico (si provi a cercare altre attribuzioni inserendo ad esempio il pronome iniziale come [3]) e solo dopo che si è fatto un poco d'ordine la nostra creatività entrerà in gioco per scegliere l'una o l'altra possibilità. Guardate bene la struttura della frase con adesso i "segnaposto". Si riesce ad intendere un senso globale,ma a che prezzo? Vi immaginate se dovessimo comunicare con i numeri al pedice per ogni parola?
La nostra mente compie da sola ed in assoluta silenzio tutte le mille attribuzioni di senso.Le frasi, siano esse scritte o parlate,sono senza che ce ne si accorga una traduzione grottescamente banale in forma semplice di quello che al contrario è la complessità del linguaggio umano. Dentro di noi la nostra mente "parla" o "scrive" in una forma sintattico grammaticale complessissima;e per nostra fortuna poi gli esseri umani non comunicano nell'identico elaboratissimo modo. Si comunica tramite grammatica e sintassi semplificate,solo una sorta di sbiadita proiezione giunge infine ad esteriorizzarsi di quell'immenso proliferare di norme e leggi che regolamentano il linguaggio umano.Dentro la nostra mente ciclopici meccanismi logici (per quanto improprio sia il termine) si agitano e si dispongono fino a formare una seppur semplice frase,che,ultima tappa del processo di elaborazione, si concretizza in una forma scritta o parlata.

A presto

domenica 19 agosto 2012

Elogio/Elegia del Cane in Chiesa

Piccola Intrusione Dietro Ordine di Colui Che Ha Insistito.

(L'acronimo, che è nato spontaneamente dopo, lo giuro, dopo aver scritto la frase, preterintezionale e quasi un lapsus freudiano, è Pidocchi.Animaletti piccoli, fastidiosi e decisamente inadatti alla mia testa con troppi capelli, che prudono e non ti fanno mai dimenticare che ci sono: esattamente come i pensieri che ho in testa e che mi impediscono di dedicarmi allo studio dell'ultimo MacroEsame che mi separa dalla tesi e dalla Seconda Venuta del Grande Boh, nota anche come Armageddon Disoccupazionale Totale.
Qualunque mio post di questo tono, ora, entrerà agevolmente nella categoria "Pidocchi".)


Che ci fa un cane in chiesa? Assolutamente nulla. Ovviamente si può ben pensare che faccia ciò che fa fuori, a parte ottenere del refrigerio estivo e godere di un calduccio invernale.
Ma la gente, la brava gente di Chiesa, le beghine del primo banco col fazzoletto da controriforma, ecco, loro si scandalizzano, i bambini ridono e si distraggono dalla predica e il prete si scoccia, parte perchè gli animali tutti non devono entrare nella Casa del Signore (o forse perchè prende improvvisamente coscienza di quanto è soporifera la detta omelia). E la folla grida "fuori!" a qualcuno scappa un evangelico "crucifige!" e nessuno si fida a cercare di accompagnare fuori l'intruso, tutti tossicchiano, nicchiano e mostrano un'improvviso interesse per il bollettino parrocchiale (Gita al Santuario di SanCavolo di MonteMontuoso, 15 ore di corriera, pranzo al sacco. Elemosina per il riscaldamento della chiesa. Turni di pulizie, chi vuole lucidare il tabernacolo segua il corso con il parroco.).
Il prete con coraggio scende dall'altare, allora il cane scappa ovunque, dietro i banchi, dentro al confessionale, i bambini lanciano grida di gioia e iniziano a correre dietro al prete, il cane fugge dietro l'altare, forse è un cane colto che crede che il rifugio all'altare conferisca immunità sacraldiplomatica ma quella è per i bipedi, e nemmeno tanto come Cassandra insegna, e dietro prete, e bambini, e adulti volenterosi, svenimento collettivo delle prime file, eccetera.
Alla fine, il cane viene acciuffato e lanciato in malo modo fuori dalla Casa di Dio e tutti si sentono scarmigliati, affannati, un po' delusi (i bambini) e decisamente cristiani migliori.

Nessuno si è chiesto, fin qui, come si sente il CaneInChiesa. Nemmeno voi.

Un CaneInChiesa cercava un posto e finisce a sentirsi fuori posto. Non appartiene al dentro e non appartiene al fuori. Come chi è alternativamente, a seconda del contesto, troppo Catto o troppo Comunista.
(Ogni riferimento a persone, cose o volatili reali è puramente intenzionale).

Ecco come ci si sente. Non ci si sente fuori e non ci si sente dentro ad un bel nulla.
Non puoi godere del fascino dell'Outsider perchè sei troppo dentro alla cosa (sbagliata), e al massimo ti trovi addosso quello del Rognoso Rompiscatole.

Sarebbe bello guardare ad un mondo di Esseri Umani, pari, uguali nella loro differenza, senza doversi dare un'identità qualunque, un qualunque per carità, pur di sentirsi a buon titolo parte del Mondo Civilizzato, della schiera di coloro che hanno la Soluzione con la S maiuscola ai drammi dell'umanità intera, o della propria nazione grande o piccola, o la Salvezza altrettanto maiuscola per la Redenzione dell'Anima Immortale, oppure di coloro che saggiamente guardano dall'alto tutto questo racconto pieno di rumore e furore che non significa nulla e si sentono "persone meglio" perchè sanno citare Shakespeare a proposito, oppure.

L'universalismo non è solo fuori moda e troppo Catto, soprattutto è inattuale. Stiamo sotto il fuoco di fila dell'alterità e abbiamo disperatamente bisogno di un Noi che ci faccia sentire adatti, dalla parte giusta della barricata. A casa.

Quindi si, in questo caos ci si sente soli, a cercare umanità trovando spesso calci in bocca, gente distratta, persone sicure di chi sono, dove vanno, e che quando arriveranno ci sarà parcheggio, che non capiscono, magari malgrado i loro migliori sforzi, cos'è questo misterioso disagio che ti attanaglia e che ti tiene sempre sulla linea di bordocampo.

Anche un CaneInChiesa sa chi è.
Sa che la sua identità in un certo senso è una differenza, il che è un ammirevole paradosso. E coi paradossi la gente tutta non si trova a proprio agio, cerca di espungerli per essere sicuri che in qualunque geometria due più due avrà somma quattro, perchè la matematica non deve essere opinione.
E' difficile scoprirsi sempre "diversi da", sempre con un trattino diagonale che ostinato non si scolla mai dal segno di uguale, fatica quotidiana mal ricompensata da sempre troppo scarsa comprensione.
Sa un po' meno dove va, perchè per sua natura è corpo estraneo in ogni luogo. Si sente spesso un po' perseguitato dalla sfiga, geneticamente abbinato ad una nuvoletta fantozziana che gli fa da aureola, senza mai riuscire ad abituarsi alla pioggia.
Soprattutto, e di questo è sicuro, sa che non ci sarà parcheggio, in ogni caso.

lunedì 18 giugno 2012

La murena.


Mi costa assai mantener la promessa e non far capitar due post di seguito con lo stesso oggetto; specie oggi. Ma forse è meglio così, per riderci sopra, a quell'assurdo e grottesco carosello dell'indifferenza e dell'ipocrisia che è il luogo dove passo più tempo al giorno. Così parlerò d'amicizia e di sincerità, autosomministrazione consapevole ed informata di terapia allopatica e a doppio cieco: il male e la cura non si conoscono e non si vedranno mai.

Poche presentazioni, trascrivo qui il suo racconto, quasi letteralmente, senza aggiungere se non il minimo indispensabile, nel suo stile, senza aggettivi ma sapido come il sale della terra. Parla il prete che ci sposerà. Già, perchè io e Kiwi ci sposiamo.

“A quel tempo andavo a pesca subacquea. Tutto avevo, fucile, pallone, tutto..... Sparavo col fucile a tutto quello che passava, e poi me lo mangiavo e vivevo così, mangiando il pesce fresco, del mare. Una volta nei fondali bassi, di due o tre metri ero a caccia di ricci, e li vedevo li nel fondo, adesso non ce ne sono piu' li che è tutto inquinato ma all'epoca ce ne erano un casino!! Mentre stavo pescando esce fuori una murena,non grande ma se ti morsica quella rimani tranquillo che non te ne dimentichi più. Io la sparo ma la manco e lei si mette dentro la sua tana. Allora io esco fuori di nuovo e mi taglio un pezzo di polpo, prima era pieno di polpi, taglio il polpo col coltello e metto il pezzo sopra la tana. Allora aspetto ma quella non esce. Era tardi e così sono dovuto andarmene via. L'indomani esco di nuovo sullo stesso punto e prendo un altro polpo e lo metto li vicino,ma quella niente. Come è andata a finire? Che ogni giorno che andavo la piccola murena mi aspettava che era già fuori che voleva il polpo che gli davo io. Però io me ne sono dovuto partire via,e così avevo la morte nel cuore perchè pensavo a quel piccolo animaletto che era rimasto li ad aspettarmi. Un'altra volta sono uscito a pesca da un'altra parte e ne viene fuori un altra murena enorme. Io ho puntato il fucile, si si fosse avvicinata avrei sparato eccome, ma non l'ha fatto ed io non ho sparato perchè ho pensato all'altra piccola murena.”

venerdì 8 giugno 2012

Un turno di notte.

Un caloroso benvenuti. Da alcune impostazioni della piattaforma blogger da cui scrivo- e più che piattaforma sembra ormai una zattera, sono quello col drappo rosso e col capo poggiato al gomito che non ha interesse alcuno verso chi potrebbe comparire all'orizzonte, cercate la zattera più famosa e mi troverete-risulta che quest'oggi tre lettori hanno visitato il blog.
 Morigerato compiacimento.
Ho deciso con questo post di inaugurare una stagione nuova, delle cronache del mondo immerso, vorrei  parlare del mio lavoro, e di ciò che significa la vita di reparto, in un momento in cui lottatori, latratori e gli otto attori  professionisti si sono un poco rilassati, dopo l'infame e vergognoso sciopero del mese passato. Per personale intendimento, i post riguardanti l'argomento non saranno gli unici a comparire, segnalerò l'argomento con etichetta a piè di pagina, e prometto una prolifica alternanza, Astrea e Proserpina siate voi le mie garanti: un post sul reparto ed un'altro su ciò che più mi si confà.

 "Su coraggio o buona gente/vogliam stare allegramente/vogliam rider e scherzar. "( Atto primo, scena XVII,Zerlina, Don Giovanni,Servitori, Contadini e Contadine . Don Giovanni W.A. Mozart)




Siamo in otto, otto attori che caoticamente orbitano con ben poca determinazione amico Heisenberg, in quanto tutto ciò che per determinazione nasce è immediatamente spento da ordini contradditori provenienti dall'alto, dalla falsità attorno a noi dei nostri stessi compagni, dalla meschinità umana e dall'atavica spinta a calpestare il cranio del nostro vicino, se solo questo ci permettesse di levar il capo più in alto.


Il capo più in alto (lo vedete qui sopra) è persona fidata e sincera, ma purtroppo distratta. E' in ogni caso insita in lui una tendenza a tralasciare brandelli di informazioni da lui ritenute di suo esclusivo appannaggio, ma questo è nella natura del suo ruolo, peraltro a tutt'oggi non formalmente chiarita; in ogni caso ,tutto sommato quanto di cui puoi aver bisogno, mai da lui ti sarà negato. Ora detto questo tutti hanno bisogno di un secondo, qualcuno che accompagni e che sostenga senza tramar alle spalle con desideri di successione e con volontà di screditare. L'Aronne del reparto a mio avviso non esite, per come invece la struttura ha preso forma l'incarico è ricoperto da uno assolutamente privo delle caratteristiche di cui prima. Rimane,in una posa d'aquila che nasconde una timida dolcezza, la tutrice, ed un filosofo, spesso un po' egoista, di tutti il più anziano. In seconda linea, un assatanato feticista convinto-uno dei pochi esseri umani li dentro dotati di cervello,ironia e generosità-una ipocrita e meschina egoista, un simpatico, curioso ed umile suonatore Jones ed io. Di loro le immagini, poi i post a venire. Un abbraccio.





Aronne      






                                  Il Filosofo                                                          


                                                               Un Aquila ma dolce.        


                                                                                                                           Indovinate un po'.    
                                                                                                        


   Erotomane




 Suonatore Jones!

domenica 8 aprile 2012

La sola Pasqua.

Quasi di sicuro non concluderò questo post oggi, l'ora è tarda,la stanchezza avanza e vorrei lasciar dormire in pace piccola Kiwi. Però comunque lo comincio nel giorno di Pasqua 2012,dopo una parca refezione, un po' di freddo nelle ossa e domande che bussano per volere entrare. Sarà un post sulla Pasqua e sulla solitudine, il secondo che avevo promesso.
La Pasqua è la solitudine dell'uomo. Se nell'ebraismo è forte il senso di comunità che spinta dalla speranza si mette in cammino, mi atterrisce nella Pasqua cristiana la solitudine di un uomo davanti a Dio. I suoi amici lo abbandonano, prova terrore davanti alle risa di scherno, non capisce bene tutto quanto stava accadendo attorno a se. Lo vedo mentre cerca invano di spiegare ai propri amici qualcosa che lui stesso non ha colto fino infondo, mentre scorato non trova accanto a se nessuno che lo capisca, tranne uno che la storia ci ha tramandato come un traditore. Un uomo solo davanti al potere che in un soffio distrugge tutto.

Ma non è solo soltanto il figlio di un falegname nella Pasqua. E' solo quel ragazzo dimenticato che lo seguiva coperto da un lenzuolo dopo che nel Getsemani  i discepoli lo abbandonarono; è solo il traditore Giuda, che dopo il gesto vaga disperato, e si spandono le sue viscere sulla terra; è solo e disperato Pilato, che al riparo dalle folla urlante a un certo punto chiede "Ma tu chi sei veramente?"; è solo li attorno al fuoco Pietro, lontano dai suoi amici, mentre una serva lo accusa; è solo Longino, che i suoi commilitoni non sostengono quando si pente di ogni cosa;è solo il Cireneo a trasportare la croce,ed è solo lassù quel ladro. 

E' dunque della solitudine la prima festa, ed è a tutti questi soli cui dedico il mio pensiero. E' morto solo avvolto da un moderno acetato un vecchio pastore addormentato davanti al fuoco: il cotone il lino e la lana non si accendono col calore, perchè quella canadese l'avrebbero dovuto fare?
Più che dibattere sulla resurrezione e sulla vittoria contro la Morte, penso che la Chiesa e la religone debbano  lanciar il messaggio di speranza a tutti questi soli, star accanto a tutti questi soli, quasi una recrudescenza tolemaica insomma. Si deve dar risposta a tutti coloro che vagano, prima in cerca di un viso amico che non della Luce Della Verità E Del Verbo Incarnato Nel Seno Della Sempre Vergine Maria Con Tutti I Santi Nel Condividere La Gioia Del Messaggio Del Nostro Signore Cristo Salvatore Morto Per I Nostri Peccati Di Cui LA Santa Madre Chiesa Risplende Per Annunciare Il Verbo A Tutta LA Comunità Dei Credenti Che...

domenica 1 aprile 2012

Lontano, in un tempo che fu.

Quello con i baffi, il maestro, quello che tiene all'istruzione, all'educazione, all'onore, all'antifascismo, quello costretto a cambiare sede di volta in volta, quello di cui l'intera vita non ho trovato nessuno a raccontarmi- che fece per anni lontano dalla sua famiglia a Roma?-quello con lo sguardo così apparentemente duro, quello che somiglia a mio babbo è mio bisnonno.

Betto.

Ho deciso di incastrarmi e di darmi delle scadenze. Kiwi dice che non sono fatto per darmene tali, che sono l'uomo del poi lo faccio; ha ragione, e come tutte le volte in cui una donna ha ragione ti da fastidio. Cercherò dunque di far in modo che l'impegno del blog mi riporti al senso di affidabilità e sicurezza- che peraltro stasera dovrò ben esser in grado di dimostrare alla cena con i futuri suoceri-che tanto rincorro e che nessuna corda e nessun albero maestro è capace di tenermi ascondito.
Mettetevi ben la cera nelle orecchie, parlerò nei due post a venire di solitudine.

Nulla che abbia a che fare con l'arcinoto secondogenito di Giuda sposo di Tamar (tempi in cui Faraday era ancora a venire,dico in senso cronologico),e spero nulla di patetico. La solitudine-intendo il sentirsi soli- la si esorcizza, la si accetta, la si combatte o la si subisce,la si vede sugli altri come una malattia da cui si è già vaccinati. Ad ogni modo insomma la solitudine è sempre molto ben chiaramente avvertita ed essa non è mai una sensazione di cui si conosce l'esatta origine. Ci si sente soli quando non si è compresi, non si può dimostrar agli altri i nostri sentimenti, quando non viene affermato il senso della nostra persona e le differenze tra noi e chi circonda non sono una ricchezza ma un'impenetrabile barriera. Oppure un unione di tutte le precedenti.
Vedo quotidianamente mille splendidi soli, immigrati, pazienti psichiatrici, anziani alla ricerca di ambulatori nascosti in quei lunghi corridoi bianchi del luogo dove lavoro. Dove stanno coloro che essi amano?

Non ho davvero idea di dove alla fine lui sia sepolto, non so tanto dei fratelli di mia bisnonna, eppure uno di questi, riposa da qualche parte dopo una vita di fatiche. Ormai anziano e solo, preso da un morbo che oggi credo coincida con la demenza senile, morì in uno ospizio nella Cagliari del dopoguerra. Dicono-se mai non mi confondo con un altro fratello ancora, ma che importanza ha? La vita quando ha valori così altri è più grande della gente che poi l'ha vissuta e le bugie sono stupende, gli imbrogli invece no, come dice Sepulveda -che abbandonato e senza eredità suonasse nelle feste e nei matrimoni. Una delle sue ultime frasi prima di morire fu: Ricordatevi di me, quando mangiate un buon agnello arrosto. Una sorta di dolcissima ed ingenua eucarestia, richiesta con le parole di un vecchio. Quale modo migliore di annullare la solitudine, se non il relegarla a quel misero lasso di tempo che è la vita di un uomo; quale sconfitta pù bruciante per la solitudine, l'esser annientata con la memoria delle generazioni future?
Dicono ancora che si soprannome si chiamasse Betto.

sabato 18 febbraio 2012

La Rivoluzione parte 3. I programmi e la diffusione dei programmi.

Fa così ridere pensare che un tempo avevo tempo per un blog. Non mi ricordo neppure più l'ultima volta che sono stato in casa a scrivere. Ecco a distanza di mesi e mesi la terza ed ultima parte.

Che fine hanno fatto i gruppi di indignados? Dove sono i giovani che chiedono democrazia e libertà per qualche mese?Sono a casa o a cercar lavoro perchè l'80 % è disoccupato, l'altro 20 % è precario e non avendo ottenuto da  influenti lobby di potere i soldi e le informazioni che hanno ottenuto quei disgraziati strumentalizzati dei loro coetanei nordafricani sono stati costretti ad abbandonare e a veder scemare il loro movimento. Non si fanno più oggi rivoluzioni senza che qualcuno te lo permetta.

Un grandissimo generale giapponese dell'era Tokugawa un giorno si trovò accerchiato dai propri nemici sul fondo di una valle. I suoi uomini erano soverchiati da forze dieci volte più numerose e disperati si rivolsero a lui attendendo ordini.
 Il generale allora parlò così: "Uomini, il nemico è molto più numeroso di noi, adesso entrerò in quel tempio shintoista e lancerò una moneta. Se uscirà testa combattendo vinceremo, se uscirà croce dovremo arrenderci." Il generale entrò, lanciò una moneta, uscì testa e in battaglia sbaragliarono tutti gli avversari.
"Il cielo ci ha assistito!" dissero i suoi soldati. "Proprio così." rispose il generale, nascondendo in tasca una moneta con una testa impressa in entrambe le facce.

Non si fa una rivoluzione senza un' ideologia che la sostenga , prostituendo a vaghe necessità di ampi consensi le idee che hanno fatto la storia. Non si può far finta di non riconoscersi in marxismo e comunismo solo perchè definirsi tali farebbe storcere il naso a crumiri disinformati e disinformanti,sui quali ultimi non si potrà mai far affidamento per condurre la lotta, è bene averlo chiaro. Nulla è più pertinente alle necessità degli sfruttati d'oggi della risposta che Trotsky e Marx prima hanno dato oltre 100 anni fa, abbracciare il comunismo viene da sè senza che ce ne si accorga, ammesso che la nostra attenzione davvero venga rivolta al bene comune e non al nostro particulare. Se si fosse avuto il coraggio di gettar la maschera e dichiararsi apertamente comunisti, subito sarebbe subentrata a sostegno della lotta un'ideologia che la strutturasse. La foga nel non "limitarsi e incasellarsi in schemi politici" alla rincorsa di un fantomatico trasversalismo è l'esatto risultato agognato da chi ci comanda. Come si discuteva con Gigi e Kiwi, masse di giovani desiderosi di democrazia pacificamente raggiunta sono il nuovo target del capitalismo;ne sono prodotto prezioso. Questa massa informe di nuovi sfruttati-attenti bene non solo ceto povero ma soprattutto media borghesia intellettualoide-è capace di rovesciare governi e compire imprese impossibili, ed ha come caratteristica il fatto di non esser politicizzata: quindi paradossalmente è controllabile da chi non vuol mostrarsi chiaramente.
I commissari politici che negli anni settanta svolgevano la funzione di educare ed instradare i movimenti giovanili verso maggior coscienza politica hanno creato loro malgrado una diffidenza nei partiti, nel potere, disegnando le condizioni per l'enorme fraintendimento-anch'esso strumentalizzato-largamente diffuso oggi e come oggi mai, che tende a considerar sinonimi partito politico e idea politica.

Chissà quando potrò di nuovo scrivere sul blog....