domenica 8 aprile 2012

La sola Pasqua.

Quasi di sicuro non concluderò questo post oggi, l'ora è tarda,la stanchezza avanza e vorrei lasciar dormire in pace piccola Kiwi. Però comunque lo comincio nel giorno di Pasqua 2012,dopo una parca refezione, un po' di freddo nelle ossa e domande che bussano per volere entrare. Sarà un post sulla Pasqua e sulla solitudine, il secondo che avevo promesso.
La Pasqua è la solitudine dell'uomo. Se nell'ebraismo è forte il senso di comunità che spinta dalla speranza si mette in cammino, mi atterrisce nella Pasqua cristiana la solitudine di un uomo davanti a Dio. I suoi amici lo abbandonano, prova terrore davanti alle risa di scherno, non capisce bene tutto quanto stava accadendo attorno a se. Lo vedo mentre cerca invano di spiegare ai propri amici qualcosa che lui stesso non ha colto fino infondo, mentre scorato non trova accanto a se nessuno che lo capisca, tranne uno che la storia ci ha tramandato come un traditore. Un uomo solo davanti al potere che in un soffio distrugge tutto.

Ma non è solo soltanto il figlio di un falegname nella Pasqua. E' solo quel ragazzo dimenticato che lo seguiva coperto da un lenzuolo dopo che nel Getsemani  i discepoli lo abbandonarono; è solo il traditore Giuda, che dopo il gesto vaga disperato, e si spandono le sue viscere sulla terra; è solo e disperato Pilato, che al riparo dalle folla urlante a un certo punto chiede "Ma tu chi sei veramente?"; è solo li attorno al fuoco Pietro, lontano dai suoi amici, mentre una serva lo accusa; è solo Longino, che i suoi commilitoni non sostengono quando si pente di ogni cosa;è solo il Cireneo a trasportare la croce,ed è solo lassù quel ladro. 

E' dunque della solitudine la prima festa, ed è a tutti questi soli cui dedico il mio pensiero. E' morto solo avvolto da un moderno acetato un vecchio pastore addormentato davanti al fuoco: il cotone il lino e la lana non si accendono col calore, perchè quella canadese l'avrebbero dovuto fare?
Più che dibattere sulla resurrezione e sulla vittoria contro la Morte, penso che la Chiesa e la religone debbano  lanciar il messaggio di speranza a tutti questi soli, star accanto a tutti questi soli, quasi una recrudescenza tolemaica insomma. Si deve dar risposta a tutti coloro che vagano, prima in cerca di un viso amico che non della Luce Della Verità E Del Verbo Incarnato Nel Seno Della Sempre Vergine Maria Con Tutti I Santi Nel Condividere La Gioia Del Messaggio Del Nostro Signore Cristo Salvatore Morto Per I Nostri Peccati Di Cui LA Santa Madre Chiesa Risplende Per Annunciare Il Verbo A Tutta LA Comunità Dei Credenti Che...

domenica 1 aprile 2012

Lontano, in un tempo che fu.

Quello con i baffi, il maestro, quello che tiene all'istruzione, all'educazione, all'onore, all'antifascismo, quello costretto a cambiare sede di volta in volta, quello di cui l'intera vita non ho trovato nessuno a raccontarmi- che fece per anni lontano dalla sua famiglia a Roma?-quello con lo sguardo così apparentemente duro, quello che somiglia a mio babbo è mio bisnonno.

Betto.

Ho deciso di incastrarmi e di darmi delle scadenze. Kiwi dice che non sono fatto per darmene tali, che sono l'uomo del poi lo faccio; ha ragione, e come tutte le volte in cui una donna ha ragione ti da fastidio. Cercherò dunque di far in modo che l'impegno del blog mi riporti al senso di affidabilità e sicurezza- che peraltro stasera dovrò ben esser in grado di dimostrare alla cena con i futuri suoceri-che tanto rincorro e che nessuna corda e nessun albero maestro è capace di tenermi ascondito.
Mettetevi ben la cera nelle orecchie, parlerò nei due post a venire di solitudine.

Nulla che abbia a che fare con l'arcinoto secondogenito di Giuda sposo di Tamar (tempi in cui Faraday era ancora a venire,dico in senso cronologico),e spero nulla di patetico. La solitudine-intendo il sentirsi soli- la si esorcizza, la si accetta, la si combatte o la si subisce,la si vede sugli altri come una malattia da cui si è già vaccinati. Ad ogni modo insomma la solitudine è sempre molto ben chiaramente avvertita ed essa non è mai una sensazione di cui si conosce l'esatta origine. Ci si sente soli quando non si è compresi, non si può dimostrar agli altri i nostri sentimenti, quando non viene affermato il senso della nostra persona e le differenze tra noi e chi circonda non sono una ricchezza ma un'impenetrabile barriera. Oppure un unione di tutte le precedenti.
Vedo quotidianamente mille splendidi soli, immigrati, pazienti psichiatrici, anziani alla ricerca di ambulatori nascosti in quei lunghi corridoi bianchi del luogo dove lavoro. Dove stanno coloro che essi amano?

Non ho davvero idea di dove alla fine lui sia sepolto, non so tanto dei fratelli di mia bisnonna, eppure uno di questi, riposa da qualche parte dopo una vita di fatiche. Ormai anziano e solo, preso da un morbo che oggi credo coincida con la demenza senile, morì in uno ospizio nella Cagliari del dopoguerra. Dicono-se mai non mi confondo con un altro fratello ancora, ma che importanza ha? La vita quando ha valori così altri è più grande della gente che poi l'ha vissuta e le bugie sono stupende, gli imbrogli invece no, come dice Sepulveda -che abbandonato e senza eredità suonasse nelle feste e nei matrimoni. Una delle sue ultime frasi prima di morire fu: Ricordatevi di me, quando mangiate un buon agnello arrosto. Una sorta di dolcissima ed ingenua eucarestia, richiesta con le parole di un vecchio. Quale modo migliore di annullare la solitudine, se non il relegarla a quel misero lasso di tempo che è la vita di un uomo; quale sconfitta pù bruciante per la solitudine, l'esser annientata con la memoria delle generazioni future?
Dicono ancora che si soprannome si chiamasse Betto.