domenica 15 febbraio 2015

Il potere, i sottomessi e le rivoluzioni

Il potere, non so neppure io come chiamarlo, è simile a coloro che ideano un rompicapo, ne conoscono la soluzione, e, ipotizzando che i migliori solamente riescano a risolverlo percorrendo quell'unica strada possibile, si trastullano a figurarsi come sopraffare i vincitori rimasti. Il rompicapo in sé non è che un passatempo, una specie di selezione all'entrata: il vero divertimento di coloro che ci governano è ideare strategie per sopraffare coloro che hanno già superato i primi ostacoli. In altre parole, i soprusi quotidiani cui si è soggetti avrebbero come soluzione quella di unirsi e combattere in un unico fronte: è esattamente contro questo tipo di risposta organizzata che il potere si è esercitato ed ha ideato mezzi vigliacchi per prevalere. Lo stadio iniziale di sottomissione che prima era il mostro contro cui si conducevano battaglie vecchie di generazioni, oggi non è che un vecchio scheletro di dinosauro:fa paura ma non è una bestia viva. Il potere si è già preparato per il "dopo", per rispondere a ciò che i "sottomessi" opporranno per difendersi. Il potere si è già posto un problema che neppure sappiamo di avere. Il potere insomma si è strenuamente esercitato per soffocare le rivoluzioni, gongola quando esse nascono, si frega le mani di felicità quando un gruppo di uomini decide di opporsi al tiranno: è esattamente quello che vuole. Giungo a questa affermazione da un semplice assunto: se chiunque è in grado di capire che contro l'oppressione bisogna unirsi, dunque anche il potere ha capito che era contro le rivoluzioni che doveva studiare le sue risposte. Tanto è vero che oggi, come si è visto negli ultimi 5 anni, è il potere stesso che fa le rivoluzioni. Credo che "l'amore"che il potere ha per le rivoluzioni, per le congregazioni di uomini uniti contro il tiranno, dipenda dal fatto che i gruppi si controllano meglio dei cani sciolti.

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