domenica 23 gennaio 2011

Adesso ci pensano loro...a patto che sappiano pensare.

Mentre tutti i mezzi mediatici nazionali dispiegano le loro forze sul caso della Natura di Dio, non c'è voce politica che non si sia levata. A destra si pratica l'apologetica più creativa e disperata -come quella dell'ottima Santanchè- mentre a manca si cade nella pruderie più totale; dall'alto si ricevono inviti alla sedazione, dall'altissimo si odono fumosi richiami ad una morale perduta di cui ognuno fa un po' quel che vuole.
Una voce invece fa sentire tutto il suo pesantissimo silenzio.
La Lega Nord tace. Si potrebbe pensare che il legalismo forcaiolo di quindici anni fa si sia smarrito nelle imbottiture delle poltrone ministeriali, ma non è tutto lì.
La Lega non è totalmente assente: ripete una sola parola, come un bonzo ripete un mantra.
Il mantra del federalismo non serve solo a battere cassa, ora che la chiusura della baracca sembra sempre all'orizzonte, anzi.
Anzitutto assicura "la base" che seduti lì in parlamento stanno combinando qualcosa, a parte di occuparsi dei cazzi personali del premier ( e mai locuzione fu più aderente), perchè qualunque bolla raccontata sufficientemente a lungo diventa una verità. Quindi la Lega sta incontrovertibilmente producendo federalismo, dato che ripete ossessivamente che questa è la priorità. E non importa se l'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) boccia in tronco il decreto sul federalismo fiscale, perchè non saprebbero più in quale tasca dei residenti infilare le mani per prendere i soldi mancanti: Calderoli dice che va tutto bene, Bossi spernacchia -forse l'ictus gli ha compromesso definitivamente l'area del Broca e non riesce più ad articolare suoni- e puf. I problemi sono spariti. Il Federalismo è la priorità. Stiamo facendo il Federalismo.
La Lega ha capito come fregare il suo stesso elettorato. Intercetta magistralmente quella tendenza all'omertà declinata in salsa verde che è il menefreghismo dell'egoista: finchè non tocca il mio interesse, non me ne cale. La meravigliosa inclinazione del contadino padano a tenere la testa bassa come i muli e menare dritto per la strada che gli hanno insegnato, e a non vedere nè sentire nulla che non lo pungoli con decisione nei quarti posteriori.
Quindi Berlusconi può far quello che vuole - in fondo è solo l'utile idiota che ha venduto il paese al Senatùr per il piatto di lenticchie di una riforma che non è mai stata fatta (quella della giustizia) e che, come volevasi dimostrare, è stata buttata a mare ai primi scricchiolii della barca- noi intanto lavoriamo. Noi portiamo a casa i risultati.
Questo, oltre che a creare una astutissima campagna elettorale d'anticipo, rafforza quella specie di feticcio raffazzonato che è l'identità padana della base elettorale, che ama sentirsi la parte migliore dello stivale, l'unica Italia che lavora, che produce, che fa: tutto il resto son terroni, scansafatiche e perdigiorno. Costruisce un'identità anche questo: il silenzio, il subordinare ogni cosa all'utile e al particulare.

Nel frattempo, sotto il polverone ne succedono di cotte e di crude, ed eccone un paio, sempre ad opera della Lega che fa, che porta a casa risultati, sempre in accoppiata vincente con gli utili idioti del defunto PdL.
La Provincia di Padova (giunta PdL/Lega) regala un delizioso calendario ai bambini, in occasione dell'Epifania. Colorato, ben illustrato, pieno di filastrocche in un improbabile dialetto veneto unificato, una specie di esperanto locale. Tra le ricorrenze c'è il batimarso , che quasi nemmeno mio padre saprebbe ben dir cos'è tanto era già dimenticato nel dopoguerra. Manca la Festa della Liberazione, surrogata dalla festa del bòcolo di San Marco. Figuriamoci che fine fa quella ricorrenza da comunisti che è la Festa dei Lavoratori il 1 maggio: non esiste.
Un solo comune, che si sia saputo, lo ha coraggiosamente rispedito al mittente. Ma si sa, la faziosa giunta era composta da quei mangiabambini del Pd.
Passa un po' di tempo, e la memoria da pesce rosso dell'italiota medio fa giustizia del caso del calendario: arriva Elena Donazzan, assessore regionale all'istruzione. Prima sbagassa i soldi pubblici in una Bibbia ad ogni alunno - per carità, gran libro la Bibbia, ma al di là del rispetto per chi non condivide la visione religiosa, ci sono scuole a cui veramente manca la carta igienica e in cui i muri cadono fisicamente a pezzi- poi scrive una letterina. La scrive oggi, quindi non sappiamo esattamente cosa contenga, ma l'ha anticipata, giusto per non farsi mancare nulla.
In questa cortese missiva inviterà tutte le scuole e le biblioteche della Regione a non tenere libri di autori che considera "cattivi maestri", cioè quegli autori che hanno firmato l'appello a favore dell'ex Br Battisti. La vicenda è ottimamente seguita dal collettivo WuMing, ma c'è una cosa da condannare a gran voce, da gridare sui tetti.
Questo è il lupo con la cuffietta della nonnina.
Dietro a questo c'è l' humus fangoso della presunta identità del padano, in cui la cultura è, nel migliore dei casi, uno strano animale pericoloso da domesticare con la sedia e la frusta, ma quasi sempre è un orpello inutile, qualcosa che logora chi ce l'ha, che lo perverte, mentre nella mitopoietica padana ci sono i calli del contadino ben difesi dalla sua terza elementare.
Insieme a questo c'è il berlusconismo, che in trent'anni di telecrazia ha ormai definitivamente inoculato negli italiani l'idea che leggere non serve, visto che le donne te la danno comunque, che si diventa ricchi perchè si va in televisione a fare i mentecatti nullafacenti tanto quanto lo si fa nel salotto di casa propria. Che in fondo essere ignoranti non è una colpa, non è un male, che siamo tutti un po' così, un po' peggiori. Diamoci una pacca sulla spalla e consoliamoci.
A questo aggiungiamo un uso fascista del potere mediatico e legislativo, un linguaggio nazistico e genocida sbandierato a grandi urla e meditiamo poi se è davvero il caso che ci pensi Bossi.

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